Sebbene sia ammissibile offrire di svolgere l’attività professionale forense a titolo gratuito, non è invece accettabile né rispettoso dei principi deontologici utilizzare l’apparente gratuità della prestazione per accaparrarsi clienti che, altrimenti, potrebbero non conferire l’incarico. Costituisce illecito disciplinare l’informazione, diffusa anche attraverso siti internet, fondata sull’offerta di prestazioni professionali gratuite ovvero a prezzi simbolici o comunque contenuti bassamente commerciali, in quanto volta a suggestionare il cliente sul piano emozionale, con un messaggio di natura meramente commerciale ed esclusivamente caratterizzato da evidenti sottolineature del dato economico
Lo ha ribadito il Consiglio Nazionale Forense con la sentenza n. 148 del 6 dicembre 2019, tesa a regolare una controversia fra un avvocato e il proprio Consiglio che gli aveva contestato la violazione del divieto di accaparramento di clientela.
In particolare, l’avvocato aveva promesso al cliente di non chiedere onorari con l’obiettivo di convincerlo a non revocargli il mandato dopo la sospensione dall’esercizio della professione e di indurlo a conferirgli l’incarico di presentare appello. Comportamenti che per il Consiglio di disciplina dell’ordine sono da ricondurre nella fattispecie incriminatrice prevista dall’art. 19 del previgente CDF (“Divieto di accaparramento della clientela”), attuale art. 37 CDF (Legge 31 dicembre 2012, n. 247).
Il Consiglio Nazionale Forense ha rilevato che “il divieto di accaparramento della clientela proibisce, più genericamente, qualsiasi condotta finalizzata all’acquisizione di clientela che sia posta in essere con modalità non conformi alla correttezza e al decoro” (“è vietata ogni condotta diretta all’acquisizione di rapporti di clientela … con modi non conformi alla correttezza e decoro”). Sul punto, è pacifica tradizione del CNF ritenere che, sebbene sia ammissibile offrire di svolgere l’attività professionale forense a titolo gratuito, non è invece accettabile né rispettoso dei principi deontologici utilizzare l’apparente gratuità della prestazione per accaparrarsi clienti che, altrimenti, potrebbero non conferire l’incarico”.
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