Il giudizio ex art. 616 c.p.c. introdotto con ricorso anziché con citazione non è nullo ma deve essere rispettoso del termine perentorio assegnato dal Giudice dell’Esecuzione, che non può essere abbreviato o prorogato nemmeno con l’accordo delle parti.
L’intempestività dell’azione può essere rilevata d’ufficio atteso che la mancata contestazione, che costituisce corollario del principio di disponibilità, è del tutto indifferente, in quanto all’inosservanza di termini processuali perentori consegue la decadenza; infatti, la perentorietà dei termini processuali risponde ai principi pubblicistici di certezza, celerità ed economia dei giudizi, sottratti alla disponibilità delle parti.
Questi i principi espressi dalla Corte D’Appello di Roma, Pres. Lo Sinno – Rel. Mannacio, con la sentenza 4339 del 23 giugno 2022.
Con atto di citazione un debitore ha interposto appello avverso la sentenza con cui il Tribunale di Roma, nel definire il giudizio di opposizione all’esecuzione spiegata, aveva dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione stessa, con condanna al pagamento delle spese di lite.
Il Giudice di primo grado ha fondato la dichiarazione di inammissibilità sul rilievo della tardiva introduzione del giudizio di merito rispetto al termine perentorio assegnato dal G.E. per detto incombente all’esito della definizione della fase cautelare.
Segnatamente il Tribunale ha rilevato che l’opponente aveva introdotto il giudizio con ricorso anziché con citazione, e che l’adozione di una modalità di un mezzo di introduzione del giudizio diverso da quello previsto dall’art.616 c.p.c. avrebbe potuto raggiungere lo scopo, e quindi il rispetto del termine perentorio, solo ove il ricorso con il pedissequo decreto di fissazione di udienza fosse stato tempestivamente notificato alle parti opposte nel termine assegnato dal G.E..
La Corte ha precisato che l’impugnazione era infondata atteso che il tribunale non aveva dichiarato la nullità dell’atto introduttivo, ma aveva rilevato l’intempestività dell’opposizione per inosservanza del termine perentorio.
Secondo il Giudice di secondo grado la ricostruzione operata dall’appellante era incompatibile con la perentorietà del termine previsto dall’art. 616 c.p.c. e con quanto disposto dall’art. 153 primo comma c.p.c.; come previsto da detta norma, infatti, i termini perentori non possono essere abbreviati o prorogati nemmeno con l’accordo delle parti.
La Corte ha rilevato che non era stato rispettato l’originario termine assegnato dal GE nel giudizio di prime cure, irrilevante essendo la mancata contestazione di pare opposta, e ha rigettato l’appello con condanna al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia, si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
OCCORRE LA NOTIFICA TEMPESTIVA DELL’ATTO CHE AVREBBE DOVUTO ESSERE INTRODOTTO CON CITAZIONE
Sentenza | Tribunale di Sciacca, Giudice Valentina Stabile | 07.11.2022 | n.459
VALE IL PRINCIPIO DEL RAGGIUNGIMENTO DELLO SCOPO ANCHE IN CASO DI DIFFORMITÀ DALLO SCHEMA LEGALE
Sentenza | Tribunale di Castrovillari, Giudice Alessandro Paone | 29.09.2021 | n.1002
OPPOSIZIONE ESECUZIONE: INAMMISSIBILE SE NON SI NON RISPETTA IL TERMINE DI NOTIFICAZIONE
NON È SUSCETTIBILE DI SANATORIA ANCHE A SEGUITO DI REGOLARE COSTITUZIONE IN GIUDIZIO DELLA PARTE OPPOSTA
Ordinanza | Tribunale di Locri, Giudice Elisa Vicenzutti | 04.06.2020 |
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