
Provvedimento segnalato dall’Avv. Francesco Denti, del foro di Mantova
In ipotesi di titoli oggetto di pegno irregolare, è esclusa la soggezione a revocatoria fallimentare delle somme ricavate dalla vendita di detti beni, in quanto deve prevalere sul diritto italiano la disciplina comunitaria prevista dall’art. 4 del D.L.vo n. 140/2004, che prevede che al verificarsi di un evento determinante l’escussione della garanzia, il creditore pignoratizio ha facoltà, anche in caso di apertura di una procedura di risanamento o di liquidazione, di procedere all’utilizzo del contante oggetto della garanzia per estinguere l’obbligazione finanziaria garantita.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Cremona, Giudice Andrea Milesi. con la sentenza n. 215 del 28 aprile 2025,
IL CONTESTO NORMATIVO
ART. 4, D.LGS. N. 140/2004
- Al verificarsi di un evento determinante l’escussione della garanzia, il creditore pignoratizio ha facoltà, anche in caso di apertura di una procedura di risanamento o di liquidazione, di procedere osservando le formalità previste nel contratto:
- a) alla vendita delle attività finanziarie oggetto del pegno, trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del proprio credito, fino a concorrenza del valore dell’obbligazione finanziaria garantita;
- b) all’appropriazione delle attività finanziarie oggetto del pegno, diverse dal contante, fino a concorrenza del valore dell’obbligazione finanziaria garantita, a condizione che tale facoltà sia prevista nel contratto di garanzia finanziaria e che lo stesso ne preveda i criteri di valutazione;
- c) all’utilizzo del contante oggetto della garanzia per estinguere l’obbligazione finanziaria garantita.
IL FATTO
Il Tribunale ha rigettato la domanda con cui il Fallimento di una società chiedeva la revoca, ex art. 67, comma 2, L.F., dell’atto con cui la Banca convenuta aveva escusso un pegno costituito su alcune somme presenti su un conto corrente intestato alla società fallita, qualificando tale contratto di garanzia come “regolare”, con conseguente revocabilità ai sensi della legge.
L’istituto di credito convenuto, in particolare, si era costituito invocando, a fondamento della non revocabilità dell’atto, l’art. 4 del D.LGS. n. 140/2004.
In forza di tale disposizione, infatti, la Banca non dovrebbe soggiacere ai limiti imposti dagli articoli 52 e 53 L.F. per l’escussione della garanzia e l’acquisizione dello strumento finanziario vincolato a tale fine, con conseguente inammissibilità anche di una successiva azione revocatoria fallimentare relativa all’atto di escussione.
Ebbene, il Giudice ha affermato che, nel caso de quo, si rientrava nell’ambito di applicazione della normativa speciale disciplinante i contratti di garanzia finanziaria, che all’art. 1 definisce proprio il contratto di garanzia finanziaria come “il contratto di pegno o il contratto di cessione del credito o di trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine, e qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volto a garantire l’adempimento di obbligazioni finanziarie, allorché le parti contraenti rientrino in una delle seguenti categorie: […] 3) enti finanziari sottoposti a vigilanza prudenziale, inclusi: a) enti creditizi…[…]; c) enti finanziari […]; f) società di gestione […]; 5) persone diverse dalle persone fisiche, incluse imprese e associazioni prive di personalità giuridica, purché la controparte sia un ente definito ai numeri da 1) a 4)”, e individua le attività finanziarie come “il contante, gli strumenti finanziari, i crediti e, con riferimento alle operazioni connesse con le funzioni del sistema delle banche centrali europee e dei sistemi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 210, le altre attività accettate a garanzia di tali operazioni”, così facendo rientrare anche il contratto di pegno su saldo di conto corrente tra i contratti di garanzia disciplinati dalla speciale normativa di derivazione europea (dato che il decreto legislativo in oggetto è immediata attuazione della Direttiva 2002/47/CE).
Secondo il Tribunale, come ritenuto da condivisibile e recente giurisprudenza (da ultimo, cfr. Trib. Monza, sent. 10 giugno 2021 o Trib. Parma, sent. 15.01.2024), questa normativa di derivazione europea deve prevalere rispetto al principio generale che vuole come inderogabile il concorso almeno formale di tutti i creditori di un soggetto fallito o comunque sottoposto a procedura concorsuale ai sensi della vecchia legge fallimentare o del nuovo CCI, dato che, dice espressamente questo orientamento, “l’interpretazione dell’art. 53 L.F che vorrebbe che la facoltà di vendita diretta delle attività finanziarie oggetto di pegno al verificarsi di un evento determinante l’escussione della garanzia (facoltà prevista anche in caso di apertura di una procedura di risanamento o di liquidazione dall’art.4 del D.L.vo 21 maggio 2004 n.170) debba, in caso di fallimento del debitore pignoratizio, essere preceduta dall’ammissione al passivo fallimentare con privilegio del credito garantito, contrasta con il disposto dell’art. 4, comma 4 lettera b) di detta direttiva che prevede espressamente che le modalità di realizzo delle garanzie finanziarie non possano prescrivere l’obbligo “che le condizioni di realizzo siano approvate da un tribunale, un pubblico ufficiale o altra persona”.
Sulla base di tali argomentazioni, il Giudice ha rigettato la domanda proposta dal Fallimento, con condanna al pagamento delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
LA BANCA NON È TENUTA AD INSINUARSI NEL PASSIVO FALLIMENTARE PER CARENZA DI INTERESSE
Sentenza | Tribunale di Roma, dott. Giuseppe Di Salvo | 08.08.2016 | n.15833
OPERA L’ESENZIONE DI CUI ALL’ART. 4 DEL D.LGS N. 170/2004
Sentenza | Tribunale di Nola, Giudice Giuseppa D’inverno | 17.01.2018 | n.17
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