
In materia di assegni, la responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 legge assegni (r. d. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno – natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso.
Questo è il principio espresso dal Tribunale di Roma, Giudice Fabrizio Gandini, con la sentenza n. 4613 del 13 marzo 2024.
Nel caso di specie, una società assicurativa citava in giudizio una Banca, affermando che la stessa aveva pagato quattro assegni non trasferibili (emessi dalla banca traente, chiamata in causa) a soggetti non legittimati. In particolare, i primi tre assegni bancari erano stati presentati al pagamento in forma cartacea, mentre l’ultimo secondo la procedura di check truncation.
La convenuta si costituiva, non contestando né di avere negoziato i titoli oggetto di causa -a lei presentati secondo le due modalità previste dall’art.31 r.d. cit.- né di avere effettuato il pagamento a persona diversa dai beneficiari.
Eccepiva -però- che solo la terza chiamata, nella sua qualità di banca trattaria, era in grado di compiere, all’atto della presentazione dell’assegno (in qualunque forma avvenuta) i dovuti controlli sulla rispondenza del titolo presentato, con quello creato dalla medesima in favore del traente.
Il giudice riteneva l’eccezione della banca era infondata.
Infatti, le Sezioni unite della Corte di Cassazione sono intervenute sul tema più volte, dapprima con la sentenza n. 14712/2007, , ritenendo in particolare che fosse la banca negoziatrice “l’unica concretamente in grado di operare controlli sull’autenticità dell’assegno e sull’identità del soggetto che, girandolo per l’incasso, lo immette nel circuito di pagamento”, poi con la successiva sentenza n.12477/2018 nella quale hanno precisato che: “la responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha – nei confronti di tutti i soggetti nel cui interesse quelle regole sono dettate e che, per la violazione di esse, abbiano sofferto un danno – natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso”.
Sulla base di tali considerazioni, il Giudice ha condannato la Banca convenuta al pagamento, in favore di parte attrice, della somma di euro 5.689,44 oltre ad interessi legali nella misura di cui all’articolo 1284, comma primo c.c. dalla data del pagamento dei medesimi assegni a quella della presente domanda giudiziale, nonché nella misura di cui all’articolo 1284, comma quarto c.c. dalla data della domanda giudiziale all’effettivo saldo, ha rigettato nel resto le domande proposte da parte attrice, con compensazione delle spese di lite tra parte attrice e parte convenuta.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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