«Le clausole dei contratti di mutuo che, al fine di determinare la misura di un tasso d’interesse, fanno riferimento all’Euribor, possono ritenersi viziate da parziale nullità (originaria o sopravvenuta), per l’impossibilità anche solo temporanea di determinazione del loro oggetto, laddove sia provato che la determinazione dell’Euribor sia stata oggetto, per un certo periodo, di intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza poste in essere da terzi e volte a manipolare detto indice; a tal fine è necessario che sia fornita la prova che quel parametro, almeno per un determinato periodo, sia stato oggettivamente, effettivamente e significativamente alterato in concreto, rispetto al meccanismo ordinario di determinazione presupposto dal contratto, in virtù delle condotte illecite dei terzi, al punto da non potere svolgere la funzione obbiettiva ad esso assegnata, nel regolamento contrattuale dei rispettivi interessi delle parti, di efficace determinazione dell’oggetto della clausola sul tasso di interesse.
In tale ultimo caso (ferme, ricorrendone tutti i presupposti, le eventuali azioni risarcitorie nei confronti dei responsabili del danno, da parte del contraente in concreto danneggiato), le conseguenze della parziale nullità della clausola che richiama l’Euribor per impossibilità di determinazione del suo oggetto (limitatamente al periodo in cui sia accertata l’alterazione concreta di quel parametro) e, prima fra quelle, la possibilità di una sua sostituzione in via normativa, laddove non sia possibile ricostruirne il valore “genuino”, cioè depurato dell’abusiva alterazione, andranno valutate secondo i principi generali dell’ordinamento.”
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Rel. Tatangelo, con la sentenza n. 12007 del 3 maggio 2024.
Nel caso di specie, la debitrice aveva proposto opposizione all’esecuzione promossa da una Società Veicolo, cessionaria dei crediti della banca con la quale aveva concluso un contratto di mutuo.
A seguito del rigetto della opposizione, la debitrice proponeva ricorso per Cassazione, sulla base di tre motivi.
Con il terzo motivo di ricorso, la debitrice denunciava la “Violazione di legge ai sensi dell’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. della L. n. 287 del 1990 e dell’art. 101 TFUE. Nullità della clausola del contratto di mutuo relativa al tasso Euribor per il periodo 2005 – 2008“.
Nello specifico, la ricorrente contestava la sentenza del giudice di primo grado, confermata dalla Corte di appello di Milano, nella parte in cui aveva ritenuto che la Decisione della Commissione Europea del 04.12.2013 non incidesse in alcun modo nel contratto in lite.
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ritenuto il motivo inammissibile, dal momento che il medesimo non conteneva adeguate censure, con riguardo alla statuizione, contenuta nella sentenza impugnata, di inammissibilità del motivo di appello relativo alla cd. “clausola Euribor” sul tasso degli interessi; la ricorrente si era, infatti, limitata a sostenere che la clausola in questione sarebbe stata nulla, con una censura manifestamente priva di specificità, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., non essendo richiamato in alcun modo (né direttamente, né indirettamente) il contenuto dell’atto di appello sulla predetta questione.
Pertanto, il terzo motivo di ricorso, non contenendo censure dirette specificamente a contestare tale decisione di natura meramente processuale, era da considerarsi irrimediabilmente inammissibile.
Tuttavia, la Corte ha ritenuto che il motivo in questione avesse ad oggetto una questione di particolare importanza e che vi fossero, quindi, le condizioni per pronunciare in proposito i principi di diritto nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363 c.p.c.
La questione di diritto esaminata dalla Suprema Corte ha avuto ad oggetto la validità delle clausole contrattuali che, al fine di determinare il tasso di interesse, moratorio o convenzionale, relativo ad obbligazioni assunte dalle parti, facessero espresso riferimento (in tutto o in parte) al parametro costituito dall’Euribor.
Gli Ermellini hanno richiamato un precedente, adottato con mera ordinanza a seguito di adunanza camerale (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 34889 del 13/12/2023, Rv. 669588 – 01), con il quale era stata cassata una decisione di merito che aveva escluso in radice la possibilità di ritenere nulla la clausola di un contratto di leasing che prevedeva un tasso di interesse parametrato all’Euribor, nonostante fosse stata accertata da una decisione della Commissione Europea l’avvenuta violazione dell’art. 101 del TFUE, per l’esistenza di un cartello tra otto delle principali banche europee finalizzato alla manipolazione dei tassi sulla scorta dei quali viene determinato il suddetto Euribor.
La Suprema Corte ha affermato di non condividere le premesse da cui è partita la predetta ordinanza in ordine al tasso stabilito per i contratti di leasing, quantomeno in riferimento ai contratti di mutuo stipulati da istituti bancari.
Secondo gli Ermellini, infatti, affinché possa ritenersi che, in un contratto (cd. “a valle” dell’intesa), sia fatta “applicazione” di una illecita intesa (o pratica non negoziale) restrittiva della concorrenza esistente “a monte”, occorre quanto meno che uno dei contraenti sia a conoscenza dell’esistenza di quella determinata intesa (o pratica non negoziale) con un determinato oggetto e un determinato scopo e intenda avvalersi del risultato oggettivo della stessa.
Ciò, con riguardo ai contratti di mutuo stipulati da istituti bancari, richiederebbe, dunque, l’allegazione e la prova che la banca stipulante, al momento della conclusione del contratto, fosse o direttamente partecipe di quell’intesa o, almeno, fosse consapevole della sussistenza di una intesa tra altre banche volta ad alterare il valore dell’Euribor o di una effettiva pratica non negoziale in tal senso ed abbia inteso avvalersi dei risultati di questa.
Secondo la Suprema Corte “Non vi è dubbio che il mero riferimento, in un contratto, al parametro dell’Euribor, sull’intuitivo sottinteso presupposto che esso sia correttamente determinato e, quindi, non alterato in modo illecito, sia del tutto legittimo: esso potrebbe, allora ed in ipotesi, assumere carattere illecito, quale manifestazione di una alterazione della libera concorrenza, solo laddove si sia inteso consapevolmente far riferimento al parametro “alterato” da pratiche anticoncorrenziali, o almeno abbia inteso farlo uno dei contraenti. Ma, perché ciò avvenga e ridondi immediatamente in modo negativo sull’assetto del sinallagma del singolo contratto, è necessario che le parti (o una di esse) siano per lo meno consapevoli dell’alterazione del parametro e dei suoi effetti e intendano avvalersene nella determinazione del contenuto di tale contratto.
In mancanza, il contratto non potrebbe in alcun modo ritenersi, di per sé, una consapevole o volontaria “applicazione” di intese illecite dirette ad alterarlo (cioè, un contratto cd. “a valle” di siffatte intese illecite, nel senso fatto proprio dalla già richiamata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 41994 del 2021).”
Il concreto assetto di autoregolamentazione degli interessi delle parti è integrato, secondo la loro stessa volontà, dal riferimento ad un parametro esterno, non del tutto casuale e non totalmente aleatorio, ma di cui è noto il meccanismo ordinario di determinazione che, in tal modo, assume la natura di un vero e proprio presupposto del regolamento contrattuale, in quanto idoneo a individuare l’oggetto della clausola di determinazione del corrispettivo (o quello di una penale), benché non ne sia prevedibile ex ante il risultato finale concreto.
Si tratta di una clausola certamente valida, sotto il profilo della regolare formazione della volontà negoziale e della liceità, possibilità e determinabilità dell’oggetto del contratto.
Laddove, però, si accerti che il parametro richiamato sia stato alterato da una attività illecita posta in essere da terzi, viene meno il risultato, almeno parzialmente prevedibile, del meccanismo costituente il presupposto del riferimento al parametro esterno voluto dalle parti: è inevitabile, allora, concludere che esso non potrebbe ritenersi più in grado di esprimere la effettiva volontà negoziale delle parti stesse, almeno con riguardo alla specifica clausola che prevede il richiamo al parametro in questione, per tutto il tempo in cui l’alterazione del meccanismo esterno di determinazione del corrispettivo dell’operazione ha prodotto i suoi effetti.
In tal caso, si porrà il problema della eventuale possibilità di sostituzione del parametro richiamato dalla clausola contrattuale con un altro valore, sulla base dei principi generali dell’ordinamento; in mancanza di tale possibilità, la clausola contrattuale dovrà ritenersi non più efficace, a causa della sua parziale nullità sopravvenuta, per l’impossibilità di determinazione del relativo oggetto.
D’altra parte, applicare il parametro illecitamente alterato sarebbe palesemente contrario all’effettivo regolamento degli interessi voluto dalle parti, che hanno fatto riferimento a quel parametro proprio in virtù del suo ordinario – e non alterato – meccanismo di determinazione.
Laddove fosse possibile ricostruire la misura di tale tasso, “depurandola” dagli effetti delle pratiche illecite che lo hanno alterato, sarebbe quella la misura da applicare nei rapporti tra le parti.
Se, invece, ciò non sia possibile, la situazione deve ritenersi equiparabile a quella che si verificherebbe se il tasso richiamato, in quel limitato periodo di tempo in cui sia stato oggetto di effettiva alterazione, non fosse stato affatto rilevato e fissato (estranea all’oggetto del presente ricorso è, peraltro, la questione delle modalità di sostituzione del tasso di interesse indicato nel contratto con riferimento al parametro esterno, nella specie l’Euribor, laddove quest’ultimo si riveli assolutamente non disponibile, a causa dell’accertata alterazione, nell’impossibilità di ricostruire il suo valore “genuino”, cioè depurato dell’alterazione).
È evidente che tale impostazione differisce da quella per cui, in siffatta situazione, sarebbe in ogni caso ravvisabile una nullità direttamente derivante dalla natura del singolo contratto stipulato con riferimento all’Euribor, quale “contratto “a valle” dell’intesa restrittiva della concorrenza”, cioè quale “applicazione” di quell’intesa.
Il parametro alterato, infatti, non corrisponde a quello che nel contratto le parti hanno inteso richiamare e non è possibile la determinazione del parametro effettivamente richiamato (cioè, quello non alterato), se la sua misura, depurata dell’illecita alterazione, non sia ricostruibile.
Per tali motivi, la Suprema Corte ha enunciato i principi di diritto già richiamati ai sensi dell’art. 363, comma 3, c.p.c., rigettato il primo motivo del ricorso, dichiarato inammissibile il terzo, accolto il secondo e cassato, in relazione alla sola censura accolta, la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
TASSO EURIBOR: IL TRIBUNALE DI TORINO DISATTENDE SPECIFICAMENTE LA CASSAZIONE
OCCORRE L’ACCERTAMENTO DELL’ADESIONE DELL’IMPRESA BANCARIA ALL’INTESA PER LA MANIPOLAZIONE DEL PREZZO
Sentenza | Tribunale di Torino, Giudice Enrico Astuni | 29.01.2024
TASSO EURIBOR: ANCHE IL TRIBUNALE DI LIVORNO DISATTENTE SPECIFICAMENTE LA CASSAZIONE N. 34889 DEL 2023
OCCORRE LA PROVA CHE LA BANCA EROGATRICE DEL CREDITO ABBIA PARTECIPATO ALLA INTESA MANIPOLATIVA DEL MERCATO
Sentenza | Tribunale di Livorno, Giudice Azzurra Fodra | 29.01.2024 | n.160
MANIPOLAZIONE EURIBOR: LA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE 34889/2023 NON HA PORTATA GENERALE
LE CLAUSOLE INDICIZZATE SECONDO IL TASSO EURIBOR NON SONO DI PER SÉ NULLE EX ART. 1418 C.C.
Sentenza | Tribunale di Nola, Giudice Geremia Casaburi | 28.02.2024 | n.680
MANIPOLAZIONE EURIBOR: NON È QUALIFICABILE COME CONTRATTO A VALLE QUALSIASI CONTRATTO DI CREDITO IN CORSO DI ESECUZIONE TRA IL 2005 E IL 2008
OCCORRE L’ACCERTAMENTO – DECISIVO – DELL’ADESIONE DELL’IMPRESA BANCARIA ALL’INTESA PER LA MANIPOLAZIONE DEL PREZZO
Sentenza | Tribunale di Arezzo, Giudice Marina Rossi | 11.03.2024 | n.295
TASSO EURIBOR: NULLO IL TASSO DETERMINATO PER RELATIONEM FACENDO RIFERIMENTO A UN ACCORDO MANIPOLATIVO DELLA CONCORRENZA
LA DECISIONE DEL 4/12/2013 DELLA COMMISSIONE ANTITRUST EUROPEA È PROVA PRIVILEGIATA NELLA RELATIVA DOMANDA DI INVALIDITÀ
Ordinanza | Corte di Cassazione, Pres. Scarano – Rel. Gorgoni | 13.12.2023 | n.34889
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