
In materia fallimentare, la domanda di insinuazione al passivo di un credito fondiario con prelazione ipotecaria può essere accolta anche se il bene su cui grava la garanzia non fa attualmente parte dell’attivo fallimentare, purché siano indicate le oggettive ragioni della potenziale acquisibilità del bene alla procedura e sia descritto il bene su cui si intende far valere la prelazione. L’effettivo dispiegarsi della prelazione in sede di riparto resterà subordinato al caso di avvenuto recupero del bene in garanzia al compendio fallimentare (Cass. 26058/2017, Cass. 14960/2020, Cass. 5341/2019).
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. Rel. Cosmo Crolla, con l’ordinanza n. 3778 del 14 febbraio 2025.
LA VICENDA
Una Banca aveva depositato domanda tardiva di insinuazione al passivo del Fallimento, per un credito vantato in forza di un mutuo fondiario; la creditrice, in particolare, aveva promosso esecuzione individuale, sulla scorta del privilegio processuale ex art 41 TUB, ottenendo l’assegnazione delle somme.
Il Giudice Delegato rigettava la domanda in quanto l’istanza era “ultratardiva” e non era stato impugnato un precedente provvedimento di diniego di ammissione allo stato passivo.
La Banca proponeva opposizione allo stato passivo, la quale veniva accolta con decreto del Tribunale di Prato che disponeva l’ammissione del credito vantato dalla banca in collocazione privilegiata ipotecaria.
Il Fallimento proponeva ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi, contro cui la Banca si difendeva con controricorso.
Nel primo motivo denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 51, 52, 93, 96 comma 1, 101 L. Fall. e 41 D.Lgs. 385/1993: il ricorrente contestava l’argomentazione posta dal Tribunale a giustificazione della tardività della domanda di insinuazione allo stato passivo, in quanto, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, è ben possibile la proposizione della domanda di ammissione allo stato passivo in via privilegiata ipotecaria anche nell’ipotesi di momentanea mancata presenza del cespite nell’attivo fallimentare, essendo sufficiente in sede di verifica dello stato passivo l’accertamento del credito e della correlativa causa di prelazione, di tal che né il passaggio in giudicato della sentenza di revocatoria o il rientro del bene nella massa attiva, né le finalità di rendere definitiva l’assegnazione delle somme ottenute nel giudizio di esecuzione, erano da considerare fatti idonei a procrastinare l’accertamento del credito vantato dalla Banca oltre i termini previsti dall’art. 101 comma 1 L. Fall.
Tale motivo è stato accolto dalla Suprema Corte, la quale ha affermato che la giurisprudenza della Corte, a partire dalla pronuncia n. 26058/2017, ha costantemente ribadito il principio, già in passato enunciato per i privilegi speciali, secondo il quale ” al creditore che chiede di essere ammesso in rango ipotecario al passivo fallimentare è possibile riconoscere questa collocazione anche se il bene su cui grava la garanzia non faccia attualmente parte dell’attivo fallimentare. A tale riguardo occorre, tuttavia, secondo il disposto della L. Fall., art. 93 (nella versione introdotta dal D.Lgs. n. 5 del 2006), che la domanda di insinuazione indichi le oggettive ragioni della potenziale acquisibilità del bene alla procedura e descriva il bene su cui si intende far valere la prelazione. L’effettivo dispiegarsi della prelazione in sede di riparto resterà comunque subordinato al caso di avvenuto recupero del bene in garanzia al compendio fallimentare” (cfr. tra le tante Cass. 14960/2020 5341/2019).
Sulla base di queste argomentazioni, la Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo, ha dichiarato assorbiti gli altri e ha rinviato al Tribunale di Prato, in diversa composizione, per la regolamentazione delle spese di lite.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
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