
Ai sensi dell’art. 56, co. 3, della L. n. 247 del 31 dicembre 2012, il termine complessivo di prescrizione dell’azione disciplinare nei confronti degli avvocati deve intendersi in sette anni e sei mesi, computato oltre gli effetti della sospensione e dell’interruzione, laddove gli illeciti contestati hanno natura istantanea. Tale principio segue criteri di natura penalistica, essendo rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, qualora non comporti indagini fattuali che sarebbero precluse in sede di legittimità.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. Unite, Pres. Cassano – Rel. Grasso, con la sentenza n. 6549 del 12 marzo 2025.
Accadeva che il Consiglio distrettuale di disciplina di Ancona aveva inflitto la sanzione dell’avvertimento ad un avvocato del Foro di Fermo, incolpato di avere violato l’art. 42, co. 1, del codice di disciplina forense, per aver espresso apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di una collega, reiterati anche negli scritti difensivi.
L’avvocato impugnava la decisione innanzi al Consiglio Nazionale Forense, il quale rigettava il ricorso sul presupposto che “gli apprezzamenti formulati dall’Avvocato sulla attività professionale della collega assumono, senz’altro, rilievo di natura denigratoria eccedendo il limite di compatibilità con le esigenze della dialettica processuale e dell’adempimento del mandato professionale né può essere invocato dal ricorrente il principio della riservatezza della corrispondenza atteso che il thema decidendum non riguarda in alcun modo ipotesi di trattative in corso tra le parti“. Inoltre, aggiungeva: “che nel momento in cui la disputa abbia un contenuto oggettivo e riguardi le questioni processuali dedotte può, al limite, ammettersi l’asperità dei toni ma allorché la discussione sconfina sul piano personale e soggettivo l’esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti“.
Il professionista ricorreva avverso la sentenza del Consiglio nazionale forense sulla base di un solo motivo, nel quale, oltre a contestare la sussistenza degli addebiti, evocando “violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c.”, deduceva che l’azione disciplinare si era prescritta, in quanto il fatto di cui alla prima incolpazione era del 13/5/2015 e quello di cui alla seconda, del 5/9/2016.
Le Sezioni Unite ritenevano fondato il motivo, atteso che l’art. 56, co. 3, della L. n. 247 del 31 dicembre 2012 dispone che: “Il termine della prescrizione è interrotto con la comunicazione all’iscritto della notizia dell’illecito. Il termine è interrotto anche dalla notifica della decisione del consiglio distrettuale di disciplina e della sentenza pronunciata dal CNF su ricorso. Da ogni interruzione decorre un nuovo termine della durata di cinque anni. Se gli atti interruttivi sono più di uno, la prescrizione decorre dall’ultimo di essi, ma in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto. Non si computa il tempo delle eventuali sospensioni“.
Inoltre, le stesse Sezioni unite avevano già avuto modo di osservare che “Nel nuovo ordinamento professionale forense, la prescrizione, al di là degli effetti della sospensione e dell’interruzione, non può comunque essere prolungata di oltre un quarto rispetto ai sei anni indicati nel comma 1 dell’art. 56; pertanto, il termine complessivo di prescrizione dell’azione disciplinare deve intendersi in sette anni e mezzo. Si tratta di una novità della nuova legge professionale, la quale segue, sotto questo profilo, criteri di natura penalistica, laddove secondo la disciplina previgente, ispirata a un criterio di natura civilistica, la prescrizione, una volta interrotta, riprendeva a decorrere nuovamente per altri cinque anni” (sent. n. 32634/2022).
Nel caso di specie non era in dubbio che entrambi gli illeciti avevano natura istantanea, poiché l’offesa si era consumata col fatto stesso dell’esternazione delle frasi censurate.
Di conseguenza, essendo il termine di sette anni e sei mesi ampiamente spirato, le Sezioni Unite hanno cassato senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare, dichiarando irripetibili le spese del giudizio di cassazione.
Per ulteriori approfondimenti in materia si rinvia ai seguenti contributi pubblicati in Rivista:
UN DIFENSORE NON PUÒ ASSUMERE IL PATROCINIO DI DUE PARTI CHE SI TROVINO – O POSSANO TROVARSI – IN POSIZIONE DI CONFLITTO
Sentenza | Corte di Cassazione civile, Sez. Un., Pres. Travaglino – Rel. Criscuolo | 12.03.2021 | n.7030
AVVOCATI: LA SANZIONE DISCIPLINARE È EFFICACE DAL MOMENTO DELLA NOTIFICA
NON È PREVISTA ALCUNA NOTIFICA DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE PER LE SANZIONI DISCIPLINARI DEL CNF
Sentenza | Corte di Cassazione, sesta sezione penale | 25.03.2014 | n.14013
CODICE DEONTOLOGICO FORENSE: NON HA CARATTERE NORMATIVO
I PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI NON SONO CENSURABILI PER VIOLAZIONE DI LEGGE PER CONTRASTO CON NORME DEONTOLOGICHE
Sentenza | Cassazione Civile, Sezione Terza, Pres. Berruti – Rel. Armano | 29.09.2015 | n.19246
SEGNALA UN PROVVEDIMENTO
COME TRASMETTERE UN PROVVEDIMENTONEWSLETTER - ISCRIZIONE GRATUITA ALLA MAILING LIST
ISCRIVITI ALLA MAILING LIST© Riproduzione riservata
NOTE OBBLIGATORIE per la citazione o riproduzione degli articoli e dei documenti pubblicati in Ex Parte Creditoris.
È consentito il solo link dal proprio sito alla pagina della rivista che contiene l'articolo di interesse.
È vietato che l'intero articolo, se non in sua parte (non superiore al decimo), sia copiato in altro sito; anche in caso di pubblicazione di un estratto parziale è sempre obbligatoria l'indicazione della fonte e l'inserimento di un link diretto alla pagina della rivista che contiene l'articolo.
Per la citazione in Libri, Riviste, Tesi di laurea, e ogni diversa pubblicazione, online o cartacea, di articoli (o estratti di articoli) pubblicati in questa rivista è obbligatoria l'indicazione della fonte, nel modo che segue:
Autore, Titolo, in Ex Parte Creditoris - www.expartecreditoris.it - ISSN: 2385-1376, anno