Nell’ipotesi in cui l’opponente affermi di essere venuto a conoscenza dell’atto impugnato senza che lo stesso gli sia stato notificato o comunicato ritualmente, eventualmente anche per propria iniziativa (dimostrando ciò con il fatto stesso della proposizione dell’opposizione), non può limitarsi ad allegare di avere avuto detta conoscenza, senza fornire la prova del momento in cui l’ha acquisita ai fini della dimostrazione della tempestività dell’opposizione, giacché ragionando in questi termini, risulterebbe vanificata la stessa prescrizione di perentorietà del termine previsto dall’articolo 617 c.p.c..
Allorquando il soggetto coinvolto nella procedura esecutiva proponga l’opposizione agli atti invocando la nullità di atti di esso, assumendo che uno di essi, presupposto degli altri, non gli sia stato comunicato, come doveva, sì da metterlo in grado di esercitare le sue facoltà di partecipazione al procedimento, di modo che i suoi successivi svolgimenti siano rimasti a lui ignoti e la nullità verificatasi per effetto della mancata comunicazione, abbia determinato la nullità degli altri, che non gli dovevano essere comunicati a loro volta, l’opposizione, ove proposta oltre il termine di cui all’art. 617 c.p.c., comma 2, dall’ultimo atto del procedimento, è effettivamente da ritenere tempestiva soltanto se l’opponente alleghi e dimostri quando ha conosciuto dell’atto presupposto nullo (cioè della mancata comunicazione e, quindi, della relativa nullità) e di quelli conseguenti, ivi compreso l’ultimo, e l’opposizione risulti proposta nei venti giorni da tale conoscenza di fatto.
Questi i principi espressi dal Tribunale di Napoli, Dott. Enrico Ardituro, con la sentenza n. 3831 del 24.03.2016.
Nel caso in questione, una debitrice esecutata, dopo aver premesso di aver proposto ricorso in opposizione agli atti esecutivi, con istanza di sospensione, avverso la vendita del proprio immobile avvenuta nell’ambito di una procedura esecutiva ad un prezzo decisamente inferiore a quello reale e con una descrizione errata, introduceva, con atto di citazione, il giudizio di merito relativo all’opposizione.
La società creditrice, la Banca e l’Agente di riscossione si costituivano in giudizio deducendo l’inammissibilità dell’opposizione per tardività e la sua infondatezza.
Il Tribunale di Napoli rilevava, innanzitutto, che l’opponente non aveva fornito la prova del rispetto del termine perentorio di venti giorni previsto dall’art. 617 c.p.c. per proporre opposizione, essendosi limitata ad affermare nel ricorso introduttivo di essere venuta per caso a conoscenza della messa in vendita del bene.
All’uopo, richiamava l’orientamento della giurisprudenza maggioritaria sul punto, secondo cui nell’ipotesi in cui l’opponente affermi di essere venuto a conoscenza dell’atto impugnato senza che gli sia stato notificato o comunicato ritualmente, eventualmente anche per propria iniziativa, non può limitarsi ad allegare di avere avuto detta conoscenza, senza fornire la prova del momento in cui l’ha acquisita ai fini della dimostrazione della tempestività dell’opposizione, giacché ragionando in questi termini, risulterebbe vanificata la stessa prescrizione di perentorietà del termine previsto dall’articolo 617 c.p.c..
In effetti, allorquando il soggetto coinvolto nella procedura esecutiva proponga l’opposizione agli atti invocando la nullità di atti di esso ed assumendo che uno di questi, presupposto degli altri, non gli sia stato comunicato, come doveva, sì da metterlo in grado di esercitare le sue facoltà di partecipazione al procedimento, di modo che i suoi successivi svolgimenti siano rimasti a lui ignoti e la nullità verificatasi per effetto della mancata comunicazione, abbia determinato la nullità degli altri, che non gli dovevano essere comunicati a loro volta, l’opposizione, ove proposta oltre il termine di cui all’art. 617 c.p.c., comma 2, dall’ultimo atto del procedimento, è effettivamente da ritenere tempestiva soltanto ove l’opponente alleghi e dimostri quando ha conosciuto dell’atto presupposto nullo e di quelli conseguenti, ivi compreso l’ultimo, e l’opposizione risulti proposta nei venti giorni da tale conoscenza di fatto.
Invero, ad avviso del Giudice adito, una volta che un debitore esecutato, proponendo l’opposizione, mostri proprio perché propone l’opposizione, di avere avuto conoscenza del procedimento e delle nullità che si sono verificate a partire dall’atto presupposto, la sua reazione non può considerarsi tempestiva se non nel termine di cui all’art. 617 c.p.c., decorrente dall’acquisizione della conoscenza di fatto.
Diversamente, argomentava il Tribunale, ove si ammettesse la possibilità di proporre opposizione oltre il suddetto termine, si introdurrebbe una grave incoerenza rispetto alla logica del rimedio dell’opposizione agli atti: in altri termini, ciò che rileva ai fini del decorso del termine per l’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c., comma 2, è la conoscenza dell’atto, comunque acquisita.
Nella fattispecie in esame, atteso che l’opponente lamentava una stima del compendio pignorato inferiore al valore reale, appare evidente che il provvedimento del processo esecutivo che avrebbe pregiudicato gli interessi del ricorrente non era costituito dall’avviso di vendita impugnato, bensì dall’ordinanza di delega delle operazioni di vendita, che presuppone come prezzo di vendita quello di stima, il Tribunale campano dichiarava inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi per violazione del termine perentorio indicato dall’art. 617 c.p.c., condannando l’opponente al pagamento delle spese di lite.
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