L’esecuzione mediante espropriazione presso terzi può riguardare anche crediti futuri, non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente; pertanto, anche il credito al pagamento del prezzo del promittente venditore, riveniente da un contratto preliminare, è suscettibile di pignoramento ex art. 543 c.p.c., giacché – per quanto eventuale, dipendendo la sua effettiva maturazione dalla realizzazione del programma negoziale, sia essa spontanea o coattiva, ex art. 2932 c.c. – è specificamente collegato ad un rapporto esistente, e possiede quindi capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento della assegnazione.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Pres. De Stefano – Rel. Saija, con la sentenza n. 31844 del 27 ottobre 2022.
Specificamente, il caso riguardava un pignoramento presso terzi avviato dal procedente nei confronti del proprio debitore che aveva stipulato un contratto preliminare con due società per il trasferimento delle quote di partecipazione di cui era titolare dietro pagamento di un’ingente somma di denaro.
A tale preliminare, rimasto inadempiuto, faceva seguito sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., non passata in giudicato.
Successivamente un terzo creditore proponeva pignoramento presso terzi al fine di sottoporre ad esecuzione il credito vantato dal promittente venditore.
In tale procedimento i terzi pignorati rendevano dichiarazione negativa ex art. 547 cpc e il creditore procedente instaurava il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, che si concludeva con il rigetto della domanda.
Il Tribunale riteneva impignorabile il credito in quanto derivante da una sentenza costitutiva non ancora definitiva.
La Corte di Appello successivamente confermava la decisione del giudice di prime cure, evidenziando che:
1) il credito rinveniva la propria fonte non nel contratto preliminare ma nella sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., non passata in giudicato;
2) il credito non era pignorabile, perché la sentenza ex art. 2932 c.c., come anche sancito dalla giurisprudenza di legittimità (si richiamano Cass., Sez. Un., n. 4059/2010 e Cass. n. 10605/2016), produce effetti solo dal suo passaggio in giudicato, evento non ancora verificatosi all’atto del pignoramento, sicché non aveva senso discutere di credito condizionato o inesigibile in quanto “prima di essa il diritto non esiste”;
3) benchè sopravvenuto il passaggio in giudicato della sentenza nel corso del giudizio d’appello e dunque nonostante il rilievo per cui il credito fosse divenuto certo, tale evento non poteva essere considerato in quanto la complessiva infondatezza dei motivi di gravame avrebbero comportato il paradosso di riformare una sentenza poggiante su motivi di appello in realtà ritenuti infondati.
Avverso tale decisione il creditore proponeva ricorso per cassazione, deducendo l’erroneità della decisione per tre motivi: la Corte d’appello aveva negato la pignorabilità del credito al prezzo di una compravendita fino a che l’effetto traslativo non si fosse verificato, senza considerare che il pignorante aveva aggredito una posizione creditoria del proprio debitore, ossia il credito derivante dal preliminare di vendita rimasto inadempiuto e oggetto della sentenza ex art. 2932 c.c., che ben poteva essere pignorata dal momento che, per giurisprudenza consolidata, il pignoramento presso terzi può dirigersi verso crediti condizionati, a termine e finanche eventuali; la Corte territoriale, inoltre, non aveva tenuto conto della sopravvenuta definitività della sentenza ex art. 2932 c.c. in corso di causa, evento che determinava il superamento di ogni altra questione posta dal proprio appello, perché il credito delle cui caratteristiche si discuteva, ai fini della valutazione della sua pignorabilità, era divenuto certo, liquido ed esigibile e quindi senz’altro assoggettabile ad esecuzione forzata, e infine non aveva preso in considerazione, nel caso di rigetto dei precedenti motivi di gravame, l’opportunità di sospendere il giudizio.
La Suprema Corte ha rilevato che la circostanza che il preliminare di vendita non sia stato spontaneamente eseguito dal promissario venditore e che si sia quindi resa necessaria la pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c. non sposta i termini dell’indagine, perché – pur vero essendo che la prestazione principale che grava sulle parti di un contratto preliminare è la formulazione del consenso alla stipula del contratto definitivo, e non anche (per il promissario acquirente) quella di pagare immediatamente il prezzo, ciò non sempre accade (si pensi, ad es., alla eventuale pattuizione dell’obbligo di pagamento di uno o più acconti sul prezzo, in attesa del definitivo), ma soprattutto non toglie che dal preliminare stesso discenda de plano una potenziale ragione di credito per il promittente venditore, ossia una situazione giuridica attiva in nuce, destinata a consolidarsi con la realizzazione (spontanea o coattiva, non importa) del programma negoziale.
Ne consegue che l’affermazione secondo cui prima del passaggio in giudicato della sentenza ex art. 2932 c.c., “il diritto non esiste e non ha senso discorrere di diritto di credito condizionato o inesigibile” è all’evidenza errata, se rapportata all’oggetto del pignoramento presso terzi e allo specifico accertamento richiesto al giudice del merito ex art. 549 c.p.c., perché finisce nella sostanza col postulare che la pignorabilità delle ragioni di credito vantate dal promittente venditore presupponga necessariamente la certezza, liquidità ed esigibilità del credito stesso. Il che non è.
L’esecuzione mediante espropriazione presso terzi infatti può riguardare anche crediti futuri, non esigibili, condizionati e finanche eventuali, con il solo limite della loro riconducibilità ad un rapporto giuridico identificato e già esistente; pertanto, anche il credito al pagamento del prezzo del promittente venditore, riveniente da un contratto preliminare, è suscettibile di pignoramento ex art. 543 c.p.c., giacché – per quanto eventuale, dipendendo la sua effettiva maturazione dalla realizzazione del programma negoziale, sia essa spontanea o coattiva, ex art. 2932 c.c. – è specificamente collegato ad un rapporto esistente, e possiede quindi capacità satisfattiva futura, concretamente prospettabile nel momento della assegnazione.
Il carattere eventuale del credito del promittente venditore quindi non esclude la possibilità della sua espropriazione, il che comporta la possibilità di positivo accertamento di esso nel giudizio di cui all’art. 548 c.p.c. e di sua assegnazione in favore del creditore procedente, pur con il limite derivante dalle eventuali condizioni per la sua esigibilità che però potranno avere rilievo esclusivamente nell’ipotesi in cui il creditore assegnatario dovesse porre in esecuzione l’ordinanza di assegnazione.
Per effetto di tali considerazioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso con rinvio al giudice di secondo grado in diversa composizione.
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